E io ch’avea d’error la testa cinta,
dissi: «Maestro, che è quel ch’i’ odo?
e che gent’è che par nel duol sì vinta?».
Ed elli a me: «Questo misero modo
tengon l’anime triste di coloro
che visser sanza infamia e sanza lodo.
Mischiate sono a quel cattivo coro
delli angeli che non furon ribelli
né fur fedeli a Dio, ma per sé foro.
Caccianli i ciel per non esser men belli,
né lo profondo inferno li riceve,
ch’alcuna gloria i rei avrebber d’elli».
E io: «Maestro, che è tanto greve
a lor che lamentar li fa sì forte?».
Rispuose: «Dicerolti molto breve.
Questi non hanno speranza di morte,
e la lor cieca vita è tanto bassa,
che ‘nvidïosi son d’ogne altra sorte.
Fama di loro il mondo esser non lassa;
misericordia e giustizia li sdegna:
non ragioniam di lor, ma guarda e passa»
Questo è il dialogo tra il Sommo Poeta e Virgilio sugli ignavi. Ma chi sono? Sono quelli che, nella loro intera vita, non hanno mai agito. Né nel bene né nel male. Non hanno mai espresso idee proprie (semmai ne avessero avute). Si sono sempre schierati con il pensiero del più forte. Con il potere. Non si sono mai esposti nella difesa del più debole (o quello che, apparentemente, era il più debole. Semplicemente il più esposto).
Dante aveva deciso di dedicarli, nella Divina Commedia, l’Antiferno. Perché questi soggetti non si meritavano le pene dell’Inferno, ma nemmeno le gioie del Paradiso. Come pena, venivano costretti ad inseguire nudi per l’eternità un’insegna bianca che corre veloce e gira su stessa (è il simbolo della loro incapacità a decidersi). Era una pena degradante. Perché eraquello che si meritavano – e meritano – coloro che razzolano (senza predicare) il silenzio.
Dante li definisce come peccatori «che mai non fur vivi». Fondamentalmente, Dante (e non solo lui) disprezzava tantissimo gli Ignavi perché, dal punto di vista teologico (e non solo), l’uomo deve per forza scegliere fra Bene e Male.
Ma dal punto di vista laico e sociale? L’uomo deve prendere posizione. Per Dante, l’uomo è un essere sociale e chi non si attivaverso la società, viene disprezzato. Anche Virgilio non sopporta gli Ignavi e dice a Dante di passare oltre senza prestargli attenzione.
Chi sono gli ignavi? Sono persone che non vogliono correre alcun rischio, non si schierano a favore di qualcuno o di un ideale. Sembra non abbiano ideali. Non si attivano mai. Restano lì, impassibili ad applaudire al più forte e a chiudere gli occhi quando, a subire degli attacchi, sono coloro che portano avanti le loro idee, difendono un ideale o gli ignavi stessi. È chiaro che è comodo e facile non prendere una posizione o chiudere gli occhi. Non comporta alcun rischio e non comporta, soprattutto, la fatica e il rischio di mettersi in discussione.
Ma gli ignavi di Dante sono esseri veri? Esistono? O sono solo il frutto della sua meravigliosa fantasia letteraria? Gli ignavi esistono. Anche oggi.
Anche oggi, prendere posizione ed esprimere un’opinione in contrasto con chi sembra essere il più forte perché ha il potere, sembra sia difficile perché implica una dose di coraggio. Il coraggio di rispondere (argomentando) alle critiche ma, soprattutto, ostacolare il tentativo, da parte di chi ha in mano il potere, di escludere dalla comunità chi compie questa semplice azione. Gli ignavi di oggi vivono nell’ombra lasciando ai più coraggiosi l’onere di fare una battaglia (spesso giusta). Lo fanno per essere al riparo dell’ira funesta del potere che si scatena per poi, da ignavi, godere del diritto che potrebbe ottenere chi compie, da solo, la battaglia. La battaglia per il diritto di dissentire.
Perché? Perché questo sacrosanto diritto di esprimere dissenso non è più un valore? Perché gli ignavi, che non credono nel disvalore dell’abuso di potere, non riescono a trovare la lucidità e la forza di esprimere un’opinione quando una palese ingiustizia viene perpetrata contro qualcuno?
In un periodo buio come quello che stiamo attraversando, dove sempre di più i nostri diritti (anche il diritto di dissentire) vengono messi in discussione, il silenzio degli ignavi è quasi un atto vile e complice. Perché diventa l’ambiente favorevole dove muore la cultura democratica.
È la legge del compromesso.
Oggi servono segnali forti. Oggi, serve davvero avere il coraggio di prendere posizione. Oggi serve davvero avere il coraggio, anche quando non si è d’accordo sul motivo, di difendere il metodo. Oggi serve avere coraggio di stare accanto a chi, questo coraggio ce l’ha e che rischia, per le sue idee e per il valore della libertà, della democrazia e della dialettica, di subire azioni negative.
L’essere umano, per diritto costituzionale, non può essere costretto da alcuna imposizione se non dalla legge. Questo è il diritto di riflettere, di esprimere le riflessioni e di aprire un dibattito. In particolare quando questo essere umano è investito dal volere dei cittadini con un voto.
Così come ai tempi di Dante, l’ignavia è uno dei mali della società.
“Non ho paura della cattiveria dei malvagi ma del silenzio degli onesti” (Martin Luther King)