C’è finalmente il cessate il fuoco e noi, tutti, ne usciamo vinti. Molti altri, morti. Vincitori non ce ne sono. Ma vinti siamo in tanti. Ognuno per un motivo.
Io, per non aver parlato.
Avrei voluto parlare di più pubblicamente ma ho preferito scrivere di getto in qualche gruppo whatsapp.
Avrei voluto parlare di più e dire ciò che pensavo e non l’ho fatto per non essere catalogata in “anti-qualcosa”.
Avrei voluti parlare di più leggendo commenti allucinanti da entrambe le parti.
Avrei voluto parlare di più e dire ad entrambe le parti che non sono né antisemita, né traditrice perché il mio ragionamento non deriva da pensieri religiosi, di fede o perché sono “filo-unadelledueparti”.
Avrei voluto dire agli uni e agli altri dove si nascondeva il loro estremismo perché ad un certo punto, erano tutti estremisti. Ed ottusi.
Avrei voluto dire di più e mi sono limitata a scandire lo slogan, ormai vuoto di senso, “due popoli, due stati” e dire che era da criminale tutto ciò che succedeva.
Avrei voluto parlare ma non avevo voglia di rispondere agli attacchi di coloro pensavo fossero amici, persone di buon senso.
Avrei voluto parlare ma non volevo rispondere in modo aggressivo a colui che dice “tu non capisci un ca@@o” solo perché non condividevo la posizione.
Avrei voluto difendere di più quei ragazzi ebrei di Roma che hanno preso posizione per poi essere aggrediti violentemente dalla loro propria comunità (con minacce gravissime).
Avrei voluto non ascoltare la mia amica ieri quando mi sconsigliava di pubblicare il video dell’ennesima aggressione israeliana dopo la preghiera del venerdì ad Al Aqsa perché mi avrebbero attaccata.
Avrei voluto andare oltre l’indignazione nel vedere il Segretario del mio partito partecipare alla manifestazione con le destre in sostegno di Israele dopo essersi solo limitato ad una telefonata all’ambasciatrice palestinese.
Avrei voluto andare oltre l’indignazione nel sentire il Segretario del mio partito parlare di legittima difesa a proposito dell’offensiva mostruosa di Israele sulla striscia di Gaza.
Invece ho scelto il silenzio per il mio quieto vivere e per questo sono tra i vinti. Me ne vergogno.
Ora provo, dopo giorni di tentativi falliti, a dire la mia facendo le mille premesse del caso (e anche questo è sintomo del radicamento di opinioni e fede delle persone che ci circondano). Non sono antisemita, non sono traditrice del popolo palestinese (poi traditrice perché? Io sono italiana di origine algerina), non sono per Hamas e per tutte le organizzazioni religiose estremiste di entrambi gli schieramenti e pure gli altri. Mi basta ricordare che organizzazioni estremiste religiose trucidarono mio padre. Dovrebbe bastare, no? Non sono per nessuna supremazia. Provengo da una realtà troppo eterogenea e non mi sogno minimamente di tradire l’insegnamento della cultura del rispetto e della democrazia che ho ricevuto.
Fatte queste premesse, vorrei ripercorrere i fatti di questo mese di guerra provocata da una serie di scelte pericolose e provocatorie da parte di Israele.
All’inizio del ramadan, le autorità israeliane hanno deciso di mettere nuovi posti di blocco improvvisati all’ingresso della porta di Damasco, nella città vecchia di Gerusalemme e, contemporaneamente, hanno deciso azioni incomprensibili di ripetuti attacchi ai cittadini palestinesi che si riunivano lì per il iftar (la fine del digiuno quotidiano) insieme ad amici e familiari.
Nel frattempo, nel quartiere di Sheikh Jarrah a Gerusalemme Est, gli arabi hanno iniziato ad organizzare delle manifestazioni in segno di protesta contro l’espulsione forzata di alcune famiglie palestinesi che vivono lì. Queste manifestazioni hanno scatenato la reazione violente della polizia contro i cittadini arabi senza distinzione e che si sono man mano intensificate nel quartiere diventato il simbolo delle espropriazioni ai danni dei palestinesi.
A Sheikh Jarrah, Israele stava (e sta) cercando di riportare in mani ebraiche dei terreni che, secondo i coloni, erano di proprietà di ebrei prima del 1948, omettendo però di riconoscere ai palestinesi i terreni persi durante la nakba. Per farlo, sta cacciando via famiglie palestinesi che possedevano terreni e case. Questa operazione non è giustificabile in nessun modo e da nessun punto di vista. È apartheid. Discriminazione razziale.
Ad Al Haram Al Sharīf (la spianata delle moschee) nella Città Vecchia di Gerusalemme, ci sono sempre state contestazioni con lancio di pietre da parte degli arabi contro le forze dell’ordine e si sono sempre esaurite da sole senza che le stesse forze dell’ordine intervenissero con violenza per reprimerle. Successivamente alle azioni violente di Sheikh Jarrah, gli arabi hanno organizzato un’altra contestazione ma questa volta, le forze dell’ordine hanno deciso di ricorrere a una violenza incredibile ed ingiustificabile che ha fatto centinaia di feriti. Israele ha deciso di andare oltre e ha ordinato ai militari di entrare nella moschea lanciando granate stordenti contro i fedeli. L’immagine (che nessuno avrebbe voluto vedere, nemmeno i non credenti) di militari armati che calpestano, con le loro scarpe, i tappeti di preghiera e attaccare i fedeli in un luogo sacro (anche se non fosse il più sacro per la comunità islamica) è risultato chiaro a tutti. Un impatto simbolico devastante per tutta la comunità araba e per tutti i democratici. E questo è avvenuto perché qualcuno ha preso una decisione chiara e precisa e sapendo benissimo quale sarebbe stata la reazione di Hamas. Che non si è fatta attendere.
Una reazione criminale di hamas tanto quanto l’ingresso dei militari nella moschea Al Aqsa. Una reazione ingiustificabile, inaccettabile, criminosa, omicida. Perché i cittadini israeliani hanno il diritto di vivere senza il terrore dei razzi o di atti terroristici.
Il resto è cronaca delle ultime settimane. Morti e feriti da entrambi le parti. Perlopiù civili e bambini. Perlopiù palestinesi. Cose inaccettabili. Bunker (per chi ce l’ha) o angoli di casa magari più sicuri (per chi il bunker non ce l’ha). Bambini traumatizzati e costretti a nascere, vivere e morire nell’odio e la vendetta. Nessuna pietà.
Senza fare dietrologia, i fatti politici, tattici e cinici che hanno provocato le centinaia di morti:
Il presidente Mahmud Abbas (Abu Mazen) presidente dell’ANP, ha annunciato il rinvio delle elezioni palestinesi per la decisione di Israele di impedire ai palestinesi di Gerusalemme di parteciparvi violando gli accordi di Oslo. Queste elezioni favorivano sicuramente Abu Mazen e permettevano ai palestinesi di Gerusalemme di esprimere una preferenza. Che, molto probabilmente, non favoriva Hamas e quindi nemmeno Netanyahu che vede la sua esistenza giustificata solo nella repressione e la guerra.
Lo Stato più democratico della regione – Israele – anche se si tratta di una questione palestinese doveva, appunto per gli accordi di Oslo, rispettare questi principi democratici (anche se è difficile parlare di democrazia quando si tratta di Hamas) e permettere ai palestinesi di Gerusalemme di partecipare al voto. Ha deciso il contrario e dopo l’annuncio di Abu Mazen, ci furono proteste e arresti. Il tutto perfettamente orchestrato da Israele.
Yair Lapid (fondatore e leader del partito politico Yesh Atid) è stato incaricato di formare un governo e aveva ricevuto il sostegno del Partito Laburista, di Meretz (sinistra laica) e di una buona parte di Lista Comune (formato da arabo-israeliani).
Il 10 maggio, Hamas ha lanciato i suoi maledetti razzi, un atto criminale contro Israele che ha risposto con bombardamenti e annunciando che l’offensiva sarebbe durata giorni. Giorni interi di bombardamenti, un altro crimine di guerra moltiplicato per 10. Perché non può un’offensiva criminale di Hamas essere paragonata alla potenza di fuoco indiscriminata e la brutalità dalla più grande potenza militare (e democratica) della regione.
Gideon Saar (ex del Likud – partito di Netanyahu) e Naftali Bennet di Yamina (estrema destra) e anche Yair Lapid hanno sostenuto quell’attacco pesante su Gaza, compromettendo definitivamente la possibilità di un governo con gli arabi (ricordiamo che alcuni dicevano “mai un governo con gli arabi”). Il partito islamista Raam e Lista Comune quindi non potranno più accettare di fare un governo con chi ha chiesto di intensificare i bombardamenti ed uccidere centinaia di civili.
Israele e alcuni paesi occidentali hanno chiamato questa offensiva “legittima difesa”.
Non è stata legittima difesa. Non lo è. Perché la realtà di anni di assedio su Gaza, di un regime militare costruito su due sistemi legali distinti per ebrei e palestinesi, le espropriazioni, la discriminazione sistematica ai danni dei palestinesi di Israele e l’esilio forzato dei profughi palestinesi sono alla base di tutto ciò che succede oggi.
Non è stata legittima difesa e, deliberatamente oppure no, sia Hamas che Netanyahu hanno tratto vantaggi notevoli dalla morte dei civili. Entrambi possono continuare a regnare indiscussi. Entrambi gridano vittoria.
Hamas ha impedito una possibile, giustissima, intifada a Gerusalemme, o anche una vera manifestazione politica, che aveva attirato lo sguardo interessato dell’opinione internazionale sui soprusi di Israele e ha così riportato il conflitto da Gerusalemme a Gaza. Hamas ha impedito di nuovo ai palestinesi di difendere la loro causa e trasformato la sacrosanta mobilitazione di Gerusalemme Est in un’azione omicida senza precedenti. Israele prende al volo questa offensiva per due motivi: far dimenticare i crimini dei coloni ai danni degli arabi, far distogliere lo sguardo internazionale da Gerusalemme e far ritornare Netanyahu a governare da trionfatore. Oggi gli arabi di Gerusalemme Est tornano nell’indifferenza di tutti.
I vincitori e i vinti. I vincitori sono e saranno sempre Hamas e Netanyahu, la stessa faccia della medaglia. I vinti sono i cittadini israeliani e palestinesi che vogliono solo vivere in pace e non seppellire i propri morti. E se per avere la pace, ci sarà bisogno di annientare il nemico, lo accetteranno di malgrado.
I più vinti sono i palestinesi. Perché sono stati abbandonati da tutti ed in particolare dalla sinistra e dai progressisti e dirlo non fa di noi degli antisemiti.
“Guerre, eserciti, regimi totalitari e religioni fondamentaliste tentano continuamente di cancellare quelle sfumature che creano l’individualità, la peculiarità di ciascuno, il miracolo irripetibile che ogni individuo rappresenta, cercando di trasformare le persone in un gruppo, in una massa, decisamente più congeniale ai loro scopi e alla situazione.” (David Grossman)