Domani si terrà la conferenza di Berlino che si prefigge di raggiungere un obiettivo molto ambizioso. Il cessate il fuoco in Libia e l’avvio di un processo di pace. Alla conferenza dovrebbero partecipare i due contendenti, El Serraj Presidente del consiglio e primo ministro del governo di accordo nazionale (GNA) riconosciuto dall’ONU e Haftar, leader dell’esercito nazionale libico (LNA).
Oltre ai due leader libici, saranno presenti anche i loro sostenitori internazionali come gli Emirati Arabi Uniti, l’Egitto, la Francia, la Turchia e la Russia che hanno contribuito all’escalation della crisipolitica e all’aumento del coinvolgimento di militari e mercenari. Quelli mandati da Erdogan sono i ribelli del nord della Siria e ai quali, si dice, abbia promesso la cittadinanza.
Il coinvolgimento delle altre nazioni è legato alle dinamiche locali libiche ed è da inserire nel contesto internazionale energetico. Ma vi è anche un’altra motivazione, l’intenzione per alcuni paesi di espandere la politica legata alla fratellanza musulmana, e per altri quella di contrastarla.
Questo è lo scenario che i protagonisti si trovano sedendosi al tavolo del negoziato. Ma facciamo un passo indietro per ricomporre la scacchiera. La Turchia aveva giocato un ruolo determinante nella guerra siriana. All’inizio dell’insurrezione contro Assad, Erdogan ha appoggiato la nascita dell’Esercito libero. Sarà l’intervento della Russia, nel settembre 2015, a spostare l’ago della bilancia a favore del presidente siriano.
La Turchia è stata accusata di non aver fatto nulla per impedire il passaggio di migliaia di foreign fighters, stranieri accorsi in Siria per combattere a fianco dello Stato Islamico o con la galassia di milizie jihadiste sorte nel corso del conflitto.
Erdogan è sempre stato molto attivo anche sul fronte diplomatico. Assieme a Russia e Iran, le altre potenze coinvolte nella guerra siriana, ha siglato accordi che avrebbero dovuto portare la pace. L’ultimo vertice trilaterale si è tenuto nella capitale turca a settembre 2019: sul tavolo il cessate il fuoco nella provincia nord-orientale di Idlib, l’ultimo bastione ancora in mano alle milizie anti-Assad, dove da mesi si combatte una battaglia sanguinosa.
Ad ottobre 2019 Trump lascia il Nord-Est della Siria e lascia le mani libere ad Erdogan per la sua operazione militare per larealizzazione di una “safe zone” sul confine tra Turchia e le aree siriane controllate dello YPG, la milizia curda delle unità di protezione popolare. L’idea di Erdogan era quella di spostare in quella zona le migliaia di profughi siriani rifugiati in Turchia, trasformando in minoranza la popolazione curda.
L’Europa in questa crisi ha dimostrato di essere incapace di parlare con una sola voce e di non avere una politica estera forte e decisa. Le proteste per l’offensiva turca sono state lasciate alle singole cancellerie e governi europei. Alcuni paesi hanno annunciato (annuncio light) lo stop alla vendita di armi alla Turchia, ma questo sembra non impensierire troppo Erdogan.
A dicembre, Erdogan annuncia di voler sostenere El Serraj in Libia e, insieme, firmano un memorandum d’intesa in cui hanno ridefinito i confini marittimi tra Turchia e Libia: Ankara rivendica parte della Zona Economica Esclusiva della Grecia e Tripoli parte di quella greca e di quella egiziana (l’Egitto sostiene Haftar). In realtà, Erdogan, vorrebbe rivendicare parte della ZEE di Cipro, di Egitto e di Siria.
Erdogan vuole la ZEE di Cipro per mettere una nuova delimitazione intorno agli importanti giacimenti di gas. Nel passato, Erdogan non ha mancato di mandare le sue navi di perforazione scortate da navi militari a Cipro e non aveva nessun diritto di farlo. Le grandi scoperte di gas nella zona (Cipro e Egitto) hanno permesso all’Egitto di risolvere il suo problema energetico nazionale e ha aperto uno scenario di collaborazione nella zona: Il Forum mediterraneo del gas costituito da Egitto, Cipro, Israele, Grecia e Italia e l’importante progetto per un gasdotto. Erdogan, non ha nessuna intenzione di essere lasciato fuori, pur non avendo nessun diritto sulla molecola di gas né sulle concessioni.
Il 9 gennaio, Erdogan e Putin siglano un’intesa trainata dall’energia ma include un accordo per un cessate il fuoco in Libia (Erdogan sostiene El Serraj e Putin Haftar). Erdogan riceveva Putin per l’inaugurazione del TurkStream ma l’accordo si spinge fino alla Libia dove hanno fallito le Nazioni Unite e l’Europa. Nel frattempo fallisce il tentativo italiano di affiancare al vertice di Istanbul un incontro a Roma con il primo ministro del governo El Serraj e Haftar.
L’accordo energetico (Turkstream) ha un valore di 45 miliardi di dollari e quello politico militare sulla Siria e la Libia riguarda fornitura di batterie S-400 russe. Il gasdotto è un asset strategico fra Russia e Turchia con una capacità di più di 30 miliardi di metri cubi. Questo rafforza ancora di più la Russia nello scenario energetico internazionale ma rafforza anche la Turchia perché una volta completata l’opera, Putin avrà le chiavi dell’Europa con tre ingressi strategici e la Turchia ne controllerà uno.
Il protagonismo turco rientra nella logica di arrivare a Berlino in una posizione negoziale dominante per ottenere concessioni su altri fronti, come, appunto, la partita per le risorse del Mediterraneo orientale. Tattica usata da Putin negli ultimi anni sia in Medioriente che in Ucraina per esempio e che ha applicato anche nella crisi libica.
Hanno replicato un modello vincente per loro e già visto in Siria. Putin sostenendo Assad e Erdogan i ribelli della fratellanza islamica e hanno concordato insieme tutto gli step del conflitto. Ma in Libia, mentre per El Serraj, Erdogan rappresenta l’unico forte aiuto militare, Putin non gode di esclusiva. A sostenere Haftar, ci sono altre potenze militari e questo si riflette anche nel fallimento del tentativo di accordo per un cessate il fuoco a Mosca. Questo è segno che forse, a Berlino, a giocare un ruolo importante nel negoziato contro Erdogan, ci saranno altre forze spinte da altri interessi.
L’abile Erdogan si ritrova con tre leve importanti. lo ZEE negoziato con El Serraj gli regalerebbe la pretesa di diventare attore nella partita energetica levantina, il corridoio energetico per il passaggio del gas russo in Europa e la storica minaccia di aprire le frontiere per lasciare passare i rifugiati siriani e con loro i foreign fighters.
Elephant in the room: Queste sono le premesse della conferenza di Berlino. Due protagonisti che hanno manovrato maestosamente e indisturbati le crisi mediorientale e libica ma che vede Erdogan con un vantaggio netto rispetto agli avversari.
Quanto potrà essere da ritenersi incisiva la nostra intenzione di fermare la vendita delle armi alla Turchia? Oltre al popolo libico che è vittima di una guerra che si svolge nel loro paese ma alla quale partecipano in molti, vi sono i campi dove i profughi vengono rinchiusi in condizioni disumane e torturati.
Blood for Oil. Questo è quanto vale la vita di un essere umano nello scacchiere mondiale.