Cosa pesa di più in un partito del centro sinistra? Sicuramente non le donne.
Sono le correnti.
Il partito democratico non prescinde mai da quelle. Siamo andati oltre la pluralità che era un tratto distintivo della nostra comunità. Ora siamo dei partiti nel partito. Qualunque cosa si debba costruire, lo si fa con il bilancino e le percentuali. Il famoso manuale Cencelli.
In una sorta di scoring model, la corrente ha il peso più elevato. Le donne, le competenze, i giovani ecc non contano se non per riempire le liste, fare le donne flipper, macinare i km, volantinare ecc. Le nomine, i posti apicali, le dichiarazioni passano prima dai capi correnti. E sono sempre uomini. Alle donne spetta sempre il resto, i posti sotto, i vice. Dimenticando però che, non solo siano state anche le donne a costruire il partito ma sono soprattutto coloro che hanno fatto le lotte più potenti per la loro autodeterminazione.
La nomina dei tre ministri uomini nel governo appena creato segna un punto di non ritorno. Il limite ultimo di sopportazione. L’umiliazione. Ora si corre ai ripari e si fanno dichiarazioni sulle prossime nomine da sottosegretarie o vicesegretarie per aggiustare il tiro. Ma non è solo questo il punto. Non è solo una questione di nomine. Anche, ma non solo. È un fatto culturale e politico.
Le Donne Democratiche hanno fatto partire una petizione che io non ho firmato perché sono arrabbiata e perché le battaglie non si fanno né con le lettere né con le petizioni. Non si può ogni volta accettare le cose e a babbo morto lamentarci come quella rivolta – avvenuta dopo le elezioni nel 2018 – per il famoso caso delle donne flipper. Cosa è cambiato da allora? Nulla
La battaglia vera deve essere strutturata e fatta dentro il nostro partito. La lotta non è per ottenere solo un posto deciso da un uomo. No. La lotta è perché le donne diventino potere di decisione. E per farlo, devono occupare posti di potere dentro il partito. E non per gentile concessione.
Dobbiamo cambiare radicalmente la nostra presenza in questo partito. Le correnti – a capo di uomini che non hanno nessuna intenzione di lasciare – hanno devastato la partecipazione delle donne e hanno devastato anche la nostra compattezza. Non abbiamo una linea che sia una e il nostro partito pullula di grandi pensatori, consiglieri e manovratori. Tutto a far sembrare il Nazareno una palude. Una politica tutta al maschile.
Non voglio dipingere il mio partito come maschilista. Dico però che non bastano i Women New Deal o una presidente donna. È necessario che le donne non siano più succubi delle correnti. Se vogliamo contare qualcosa ed ambire ad essere davvero il giusto mezzo, dobbiamo andare oltre il recinto che ci è stato dato e fatto passare come luogo per militare ed elaborare le tematiche delle donne. NO. Le donne non hanno bisogno di un recinto né tanto meno di parlare e discutere di tematiche che le riguardano. Perché le tematiche sono della società e non di genere. Le donne devono, ognuno per la sua propria competenza, parlare di qualunque tematica e farlo in quanto donne. Le tematiche di genere sono esse stesse un recinto. Qui è la sostanziale differenza.
Che concezione di potere abbiamo? Un potere affidato agli uomini per essere designate o nominate? No, io questo non lo accetto. Io pretendo di essere considerata esattamente quanto un uomo perché ho un valore. Quindi le donne devono diventare una lobby che conta anche nella gestione del potere, e smetterla di essere sottomesse al capocorrente. E per farlo devono anche uscire dal recinto.
Se vogliamo essere credibili come partito quando parliamo di donne e di lavoro, dobbiamo essere i primi a dimostrare che ci crediamo. Credere nella leadership femminile e smetterla di fare corsi nel recinto sulla leadership femminile o sulla psicologia femminile. È avvilente.
Il PD deve superare il concetto delle Donne Democratiche e diventare un partito femminista. Il recinto serve solo a dare una parvenza di femminismo che oggi è inesistente. Se non lo facciamo capire noi donne e accettiamo il comparto donne (come il vergognoso dipartimento mamme di renziana memoria) e se ci accontentiamo perché ci permette di avere un posto da dirigente nelle varie segreterie, allora significa che abbiamo fallito noi per prime ad essere femministe.
Se non lo capisce il PD, gli uomini del PD ma anche le donne del PD, significa che nessuna valuta il danno che si sta facendo non solo alla comunità, ma anche alla nostra credibilità e alla società che vogliamo lasciare in eredità alle prossime generazioni.
Parlo di femminismo. Parlo di essere donne in un partito e in una società. Perché siamo in grado, ognuna di noi ed ognuna nel proprio campo, di essere attive ed alternative agli uomini.
Questo cambiamento sta all’uomo dentro il PD a doverlo volere e a fare.
Per sé stesso. Non per concedere qualcosa alle donne.
Non voglio che mi sia concesso. Voglio che mi sia riconosciuto.