Oggi è il Giorno della Memoria e, come ogni anno, ci svegliamo e guardiamo le immagini, leggiamo ed ascoltiamo il racconto e scrutiamo gli sguardi dei sopravvissuti. E ci chiediamo come sia potuto succedere. Come sia stato possibile immaginare di annientare un popolo, milioni di esseri umani, solo in nome della parola “differenza”. Come sia stato possibile immaginare che qualcuno, nel suo delirio, abbia trascinato tante nazioni e tanti popoli a compiere quello che è stato e sarà per sempre l’orrore più grande. Per una razza pura.
Ricordare non basta. Indignarsi non basta. Insegnare non basta. Bisogna distruggere l’indifferenza, svegliare le coscienze per sempre perché non si accetti più l’intolleranza. Fermarsi ed immaginare la vita dei differenti prima dei rastrellamenti. Immaginare la vita normale prima della fine – o prima dell’inizio della fine del mondo – bambine che vanno a danza, bambini che giocano per strada, adulti che lavorano, che vanno al mercato, che organizzano pranzi con amici… la normalità prima che l’incubo si abbattesse sulle loro case annientando tutto e distruggendo fino all’ultimo oggetto.
Immaginare quel periodo in cui iniziavano a vivere piccoli episodi di intolleranza che precedevano la campagna propagandistica del manifesto della razza. L’indifferenza degli amici, dei vicini di casa, dei compagni di classe, dei colleghi. Immaginare che questa potrebbe essere la nostra normale vita che – in nome di un Mussolini o di un suo derivato – potrebbe finire in un giorno. Immaginare di finire in un vagone da bestiame che scorre su dei binari che portano lontano e vedere, percorrendo l’ultimo anello che separa la nostra vecchia vita e la nostra morte, il luogo – nella nebbia – dove Dio non è arrivato.
Immaginare l’indifferenza dei tanti cittadini sapendo che quelle leggi cancellavano non solo l’esistenza, ma anche l’identità delle persone. Senza più un nome ed una storia. Solo un numero tatuato sull’avanbraccio ed un pigiama a righe come unico avere.
Tutti i giorni della nostra vita deve essere un Giorno della Memoria contro l’indifferenza perché quella è stata il terreno fertile dove si è radicato l’odio che continua a proliferare attorno a noi.
Ogni giorno.
L’indifferenza è ciò che giustifica l’esistenza dei promotori di classifiche razziali, in nome di un confine da difendere o di un valore cristiano da salvare da barbari immaginari. L’indifferenza è quella che non ci fa più indignare guardando i morti in mare, bambini che affondano con una pagella appicciata al petto, torture e orrori nei lager sparsi giusto fuori dalle nostre porte. Pagando perché “loro” non arrivino a disturbare la nostra cena.
L’indifferenza ha ucciso sei milioni di esseri umani durante l’Olocausto e continua, impunita, a disseminare morte e torture. Fingere di non vedere è scegliere di restare accanto a chi ha deciso chi deve vivere e chi no.
“L’indifferenza racchiude la chiave per comprendere la ragione del male, perché quando credi che una cosa non ti tocchi, non ti riguardi, allora non c’è limite all’orrore. L’indifferente è complice. Complice dei misfatti peggiori”. (Liliana Segre)