Il Paese ha bisogno del PD e il PD avrebbe bisogno di congressi – a tutti i livelli – che si focalizzassero su temi seri. Questa potrebbe essere la sintesi della situazione nella quale versa l’Italia oggi. Che lo si voglia o no; che i cittadini – non i fan del governo attuale – lo schifino oppure no; che la sinistra più sinistra della sinistra si rifiuti di riconoscerlo oppure no, questa è la verità. Finché non affiorerà una forza interna che sposti l’attenzione sui reali problemi del Paese e promuova idee costruttive, progressiste allo scopo di salvarci dallo s”fascio” totale al quale stiamo assistendo in Italia e in Europa, il PD resterà al palo. Questa specie di miracolo lo ha compiuto, per esempio, Katharina Schulze, la leader che, parlando di Ue e sicurezza, ha portato i Verdi al successo in Baviera. Siamo, quindi, destinati a scegliere tra la democrazia illiberale ed il PD.
Ma non questo PD.
Il PD si è chiuso su se stesso. Si parla addosso, si frammenta, si trascina senza una linea politica chiara, non comunica con l’esterno; o, perlomeno, non lo fa con una voce univoca. Con il risultato che i parlamentari sono sempre più isolati e sviliti nonostante l’enorme e straordinario lavoro che, ogni giorno, in aula e nelle commissioni, questi ultimi portano avanti. Svanisce nel nulla l’opposizione, nonostante l’impegno, la competenza per la poca risonanza mediatica. Il PD sembra un liceo in autogestione perenne, dove tutti vogliono prendere il comando ma senza una leadership e senza temi se non un nostalgico guardare indietro ed una riesumazione che sa di stantio. I dirigenti sono come dei ragazzini che si ritrovano con “casa libera” senza genitori. Ed intanto, il tempo passa inesorabile. Le elezioni europee ed amministrative si avvicinano e, a queste condizioni, polverizzeranno definitivamente il Partito.
Occorre decidere se ripartire dal PD. E se sì, decidere come ripartire. Aldilà dei facili slogan, occorre focalizzarsi sugli argomenti che ci identificano, senza inseguire affannosamente video, tweet, post sui social o qualsiasi pericolosa proposta fascista del governo. Dobbiamo sì, scendere in piazza, ma in modo organizzato e strutturato. Con l’obiettivo di promuovere delle idee, un vero e proprio manifesto scritto su quello che la parte antagonista al governo vuole per il nostro paese, per il futuro dei nostri giovani, per la terra che ci ospita e per l’ambiente nel quale siamo immersi, per l’Europa, per lo studio, per il lavoro, per il welfare. Per i diritti e i doveri di tutti e per una società giusta.
Ripartiamo dai temi che ci uniscono, che esistono e che conosciamo bene. Lavorariamo su una piattaforma riformista, europeista, che coinvolga tutte le forze, fedeli ai principi della democrazia sociale, anche al di fuori dei confini nazionali, come i Verdi, Ciudadanos, En Marche, ecc. Una piattaforma con una proposta politica moderna, che abbia una visione alternativa e contrapposta all’assistenzialismo improduttivo del reddito di cittadinanza. Non è con proposte populiste di sinistra come l’assegno universale famigliare, che faremo ripartire la crescita, ma con un pacchetto povertà più strutturato e di ampio respiro che includa, da un lato degli ammortizzatori sociali, ma dall’altro investimenti in formazione, innovazione e produttività così da creare le condizioni per uno sviluppo tecnologico ed industriale che generi nuovi posti di lavoro.
Le percentuali non fanno l’assoluto e, in termini assoluti, le destre vincono solo quando aumenta l’astensionismo. Questo avviene quando la sinistra mostra, senza pudore, la sua crescente litigiosità e quando si scolla dalla realtà. Quando, invece di promuovere il dialogo tra riformatori, progressisti e liberal – democratici, rincorrono le destre, sgretolando la propria base elettorale. Quello che rischia il PD se continua su questa strada, non è solo di non recuperare gli astensionisti, ma di perdere anche i suoi militanti. O la parte riformista del partito.
“So What” avrebbe suonato Miles Davis.