E anche quest’anno si è consumata la messinscena con tanto di tatticismo politico e ragionamenti disarticolati e arzigogolati da far sembrare i saltimbanchi dei dilettanti.
Una commedia nel silenzio tombale di tutto il Partito Democratico a parte pochi eletti che, con coraggio e con la forza dei loro valori, hanno dichiarato di non sostenere la linea del rifinanziamento della Guardia Costiera libica e votando (i deputati alla Camera) coerentemente con le loro dichiarazioni, oppure protestando pubblicamente prendendo posizione netta come fanno alcuni eurodeputati come Pierfrancesco Majorino e Pietro Bartolo.
Centinaia di associazioni hanno manifestato ieri a Roma per chiedere di fermare questa vergogna, ma è stato tutto inutile. Il voto c’è stato e solo 34 deputati hanno votato contro, di cui 9 del PD (10 se contiamo l’Onorevole Barbara Pollastrini assente per motivi di salute ma che ha pubblicato su alcuni quotidiani la sua intenzione di confermare il suo voto contrario come lo scorso anno).
Il Partito Democratico ha votato e ha deciso, con un cinismo degno di un partito di destra, di non decidere. Ha deciso di delegare all’Unione Europea. Ha deciso di procrastinare (ancora una volta) la decisione con delle argomentazioni da far rabbrividire Jake (John Belushi) nella scena delle cavallette in “The Blues Brothers”.
Abbiamo sentito calcoli, giustificazioni incomprensibili ma dette con la convinzione di chi sostiene, non si sa per quale motivo, ancora una volta, la linea Minniti. Ma abbiamo anche sentito la giustificazione più singolare come “votando no la missione viene approvata con i voti della destra e ciao”.
Quindi con un solo click, coerentemente con la frase di cui sopra, i deputati hanno condannato a morte migliaia di persone. Con un solo click, hanno deciso di non vedere più la tragedia perché hanno deciso che la soluzione migliore sia esternalizzare ancora e ancora. Hanno deciso, con un solo click, che quello che l’UE fa con Erdogan, ovvero pagare per non vedere, sia la linea politica giusta. Hanno deciso di non gestire, di non voler svuotare per davvero i lager, di non aprire i corridoi umanitari, di non ridare dignità a chi la dignità non ce l’ha più. Hanno deciso di non intraprendere quella strada difficilissima della soluzione alternativa, perché non si può negare che la situazione è complessa e delicata, ma sacrosante. Hanno deciso che esseri umani, colpevoli solo di essere nati dalla parte sbagliata del globo, dovessero pagare con la detenzione disumana, con le torture e con la morte. Condannare dei bambini, che non hanno visto altro che miseria e sofferenza, all’eterna agonia. Hanno semplicemente deciso di ignorare bellamente i pronunciamenti dell’ONU circa la violazione sistematica dei diritti umani.
Così, coloro che vanno sotto le ambasciate della Turchia o dell’Ucraina con il megafono per urlare vergogna per la democrazia calpestata, coloro che chiedono giustizia per Giulio Regeni e scarcerazione per Patrick Zaky, coloro che votano per il DDL Zan, decidono di non decidere davanti a quello che è, a detta di tutti, l’olocausto dei nostri anni. Dove si compie un genocidio con atroci sofferenze.
Tutto questo, decidere di non decidere, lo si aspetta da un partito di destra. Non da un partito di sinistra che si dice sempre “dalla parte dei diritti”. Se è vero che la missione sarebbe stata approvata con i voti della destra, allora ecco che noi, PD, partito di sinistra, abbiamo perso l’occasione, non di cambiare le cose, ma di dimostrare che non siamo solo un partito che indossa la felpa di Open Arms. Prendere posizione per mostrare e dimostrare con coerenza da che parte stiamo. Dimostrare che quando diciamo che tutti i diritti camminano insieme, quelli civili, umani e sociali, allora agiamo di conseguenza. Altrimenti saremo sempre e solo il partito del governismo, quello che resta a galla a consolidare lo status quo… e la propria poltrona.
Ma il partito non è solo fatto di deputati. I deputati sono eletti e ad eleggerli, sono cittadini e militanti. Il partito non è solo un silenzio tombale del segretario nazionale sul tema, come se si fosse trattato solo di una formalità. Il partito non è solo lo strapotere di alcuni eletti o dirigenti che decidono, senza tener conto del resto del partito, anzi, facendosela scivolare addosso oltrepassando la soglia del cinismo, una linea sbagliata. Il partito non è solo lanciare degli slogan come “Ius Soli”, “tassa di successione”, “accanto ai lavoratori”, quando poi vede un suo ministro dichiarare, a proposito di un suo viaggio da Erdogan – colui che calpesta i diritti umani sia in Turchia che nei paesi limitrofi: “La Turchia è un partner importante dell’Italia e un prezioso alleato della NATO; questo ulteriore incontro va nella direzione di un rafforzamento delle relazioni tra i nostri paesi; l’Italia conferma il suo impegno per favorire un dialogo concreto e costruttivo tra la Turchia e l’Europa”, Oppure vedere che continua, imperterrita, la vendita di armi a dittatori. Il partito non può piangere un bambino morto in mare se poi dopo fa, con il ditino, quel click che uccide.
Il PD è il partito inchiodato a quel 18% riuscendo a spostarsi con un più o meno lo zero virgola perché non è coerente con i suoi valori. Perché ha troppa paura delle sue correnti interne per fare il partito di sinistra e troppa paura delle correnti interne per far il partito liberale. In nome di pluralismo e vocazione maggioritaria, Il PD ha perso la sua identità. Un partito in grado di logorare se stesso talmente tanto da perdere consenso e credibilità. Un partito che racchiude molti attorno a pochi valori o alla sola liturgia degli stessi. Un partito che permette ad un gruppo di persone di far affossare una legge contro l’odio e la violenza, che permette ad un gruppo di impedire la discussione sulla procreazione, sulla trascrizione di bambini di famiglie arcobaleno, di non discutere dello ius soli, della dignità, del diritto alla morte, ecc. e questo, semplicemente perché non è mai il momento e perché “siete matti? Volete regalare i voti alla destra?”.
Ci sono tempi vari nel vivere un partito. C’è il tempo per combattere, tempo per polemizzare, tempo per litigare, tempo serrare le fila e tempo per dissociarsi. E spesso, nel PD, agiamo con tempistiche sbagliate. In opposizione di fase. Dovremmo serrare le fila attorno alla legge Zan ma questo non avviene e, anzi, si candidano persone che firmano documenti per affossare questa legge, mandando a quel paese la coerenza, la dedizione e soprattutto, il merito.
Su una cosa credo di non sbagliare. Questo è il tempo di dissociarsi.
Io mi dissocio totalmente dal Partito Democratico oggi.
Non sarò mai complice di quello che succede nel nostro mare o al di là del confine. Non porterò sulla mia coscienza i vostri errori. Non girerò lo sguardo dall’altra parte come fecero coloro che non volevano guardare l’olocausto.
Perché quelli, i dimenticati da Dio e dagli voi, sono miei fratelli.
“Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti” (Antonio Gramsci)