Nessuno è perfetto e nessun politico, nessuno, è privo di difetti.
Però ci sono cose accettabili e cose che, per me, sono irricevibili in politica. In particolare, irricevibili in un partito di sinistra (o che si professa di sinistra).
In un brevissimo e bellissimo post oggi 11 settembre, Gianni Cuperlo scrive un pensiero che condivido totalmente:
“Ho conosciuto dirigenti comunisti che avevano fatto i partigiani e poi capitanato lotte e movimenti, dato voce e dignità a molte e molti. Alcuni non erano nati “poveri”, non lo erano mai stati, ma nessuno glielo avrebbe rimproverato per la ragione semplice che nella loro condotta di vita e nella passione che riversavano nella scelta di quella parte chi li ascoltava, osservava, frequentava, riconosceva la forza di una coerenza, e al fondo era questa percezione a fare la differenza e fondare una sorta di rispetto reciproco. Più o meno si chiamava “politica” e, a voler scendere nei particolari, “sinistra”.”
L’essenza di quello che vorrei dire è racchiusa in questo brevissimo ed elegantissimo post. Io non ho la capacità né la piuma di Gianni Cuperlo che resta per me inarrivabile. Politicamente e culturalmente. Perché rimane fedele ai suoi valori. Alla sua etica politica.
Ci sono quindi cose che possono essere perdonate, cose negative che compensano altre cose positive. La mediocrità e la miseria le si raggiungono quando in un singolo personaggio politico si concentrano:
- La sciatteria: La sciatteria delle persone e la mancanza di stile si riflettono nelle loro azioni, ogni giorno. Emergono in ogni parola, ogni gesto, ogni decisione. Non c’entra la ricchezza. La sciatteria e la mancanza di stile sono nel modo di porsi, di presentarsi e di comportarsi.
- La poca cultura politica: L’improvvisazione, l’ignoranza, la debole cultura politica e l’assenza di una visione del mondo. Sono tutti elementi che spingono a scopiazzare a destra e sinistra per scrivere o fare una dichiarazione. Questa tattica può funzionare nel breve ma poi le debolezze vengono a galla e lo spettacolo diventa indecente.
- La furbizia: Una dose di furbizia serve sempre. Ma la furbizia fine a sé stessa, la furbizia nell’agire non può essere l’unico pilastro sul quale si può basare l’azione politica. Perché la furbizia serve per stare in equilibrio e per sopravvivere in alcuni momenti, ma nei momenti più importanti e più decisivi, viene fuori la totale debolezza politica, l’assenza di una preparazione e di una visione. La visione che serve per tracciare una via, una strada verso un obiettivo più nobile di quello della sopravvivenza o la carriera personale. Diventa uno spettacolo indecoroso di calcoli e bilancini. La furbizia non è mai a favore di una causa nobile.
- L’arroganza: Ecco quando la furbizia si accompagna di arroganza, il soggetto politico diventa insopportabile. Perché agisce pensando di essere inarrivabile, intoccabile, invincibile, eterno. Di essere arrivato. E la sua azione diventa volgare, sfrontata. Si dimentica però che in politica, così come nella vita, è tutto un ciclo che si apre e che si chiude. E quando si chiude, il mediocre, furbo ed arrogante, è destinato all’oblio. Anche se riesce a farsi candidare e magari anche a farsi blindare per arrivare in qualche aula. Per un mandato e anche due. E poi sopravvivere di nomine. Resta pur sempre l’oblio. Pagato con i soldi dei contribuenti.
- Il vacuum: Il “vuoto assoluto” che in fisica significa uno spazio privo di materia dove la pressione è molto inferiore alla pressione atmosferica. Senza entrare nei dettagli tecnici, le persone vuote che fanno politica ad alto livello sono quelle che non lasciano un ricordo dopo aver parlato o agito. Anche dopo un incarico. Anche se dalla corte dei miracoli (dalla quale si fa circondare il politico mediocre), arrivano i complimenti mielosi. Il politico vuoto è quello che ripete sempre le stesse cose. Gli stessi concetti. Quelle due tre cose ripetute fino allo sfinimento e attorno alle quali costruiscono i loro discorsini. E la loro carriera. Ma se devono dirigere una comunità, seppur piccola, questo vuoto diventa inaccettabile. A tratti vergognoso.
- Circondarsi da yesman: È tipico delle persone vuote e deboli farsi circondare da persone ancora più deboli o senza carattere. Quelle persone che non diranno mai no. Persone sempre con la linguetta fuori a dire “quanto sei bravo”. Circondarsi da persone vuote serve a ricattare in cambio di una fedeltà fasulla, serve a ricompensare con piccoli ruoli o nomine misere in cambio di questa fedeltà/devozione, serve a fare numero per i momenti decisivi, serve a dominare per apparire autorevoli ma è solo autoritarismo ricattatorio, abuso di potere, serve a sembrare illuminati in mezzo al buio. “Le borgne est roi au royaume des aveugles”.
- Scollegarsi dalla realtà: Se si è un partito, in particolare di sinistra, e ci dimentichiamo chi siamo e chi dovremmo rappresentare – indipendentemente da dove proveniamo, ricco o povero – allora è l’inizio della fine. È l’inizio dell’oblio. Perché quando ci si scollega da un mondo che si dichiara voler rappresentare, esce fuori tutta la miseria. E quel mondo, che non ha l’anello al naso, lo sa benissimo. Esce fuori la miseria politica ed umana. Perché esce fuori la smania di arrivare. Esce fuori una volontà così enorme di apparire che passa sopra la mortificazione della stessa comunità che si dichiara voler dirigere. E questo è imperdonabile.
Poco importa cosa siate oggi, che poteri abbiate oggi, dove arriverete domani.
Ai miei occhi non valete nulla e nulla mi farà cambiare idea.
Ho imparato la politica e continuo ancora ad imparare da persone che non hanno mai dimenticato l’ultimo. E hanno rinunciato a tutto pur di rimanere fedeli ai propri principi. Persone che hanno una scala di priorità chiamata valori che non tradiscono mai. A costo di perdere opportunità. Perché no, diversamente da quello che andate dichiarando, la politica non l’arte del bilanciere e dei pesi. Quella è l’arte dell’opportunista.
Ma chi sono io per…
“La povertà non è un vizio; ma la miseria, la miseria è vizio. Nella povertà voi conservate ancora la nobiltà dei vostri sentimenti innati; nella miseria, invece, nessuno mai la conserva.” (Fëdor Dostoevskij)