C’è bisogno di un PD. C’è bisogno di un Partito che rappresenti tutta quella gente di sinistra, progressista, seria e a cui non frega nulla delle correnti, del governismo e della liturgia di paroloni come riformismo – privo di contenuti – che esso sia “base” o “vivo”. C’è bisogno di un partito che rappresenti davvero la visione che vogliamo avere del nostro paese. C’è bisogno di un partito che sappia progettare con i fondi europei. C’è bisogno di un partito che la smetta di sacrificare intere categorie come quella dei giovani per incapacità decisionale. C’è bisogno di un partito che non sia quel teatrino che si svolge nella scrittura dei DPCM che sembra più la sintesi di mille compromessi che altro, pur nella sua assoluta necessità. C’è bisogno di un partito che rappresenti tutta quella gente che ha eletto, con un voto chiaro e netto, un segretario di nome Zingaretti. C’è bisogno di un partito che questa scelta, anche se non rappresentata al parlamento, sia comunque il riflesso di quella volontà degli iscritti, dei militanti, degli elettori. C’è bisogno che i parlamentari che non riconoscono la maggioranza schiacciante al congresso, eletti nelle istituzioni grazie alla devozione dei militanti durante la campagna elettorale e il voto degli elettori, si allineino alla volontà democratica espressa al congresso. C’è bisogno di coesione e di punti fermi. Ma tutto questo non c’è e questo fa sì che, non solo i semplici elettori, ma gli stessi militanti inizino a mostrare segni di distacco. Di sfiducia.
Non si può contare sempre sulla dedizione e fedeltà dei militanti, dell’immenso lavoro che fanno sui territori e di quello zoccolo duro dell’elettorato. Non si può continuare con la retorica dello spauracchio della destra. Non si può continuare a vivacchiare concedendo poltroncine e spazio a gente che sbatte i piedi – dall’alto di una misera percentuale quanto misera è la loro esistenza – pretendendo altre poltroncine in cambio e approfittandone per far pesare le proprie correnti. Non si può non avere una linea politica condivisa con tutto il partito e con i suoi eletti in assemblea, i nominati in direzione e in segreteria. Non si può pretendere che al semplice soldatino del partito vada bene che a decidere la linea sia uno diverso dal segretario scelto. Non si può pretendere troppo dal militante che deve spiegare all’elettore perché deve votare questo partito a scatola chiusa. Non si può più pretendere di mobilitare gli iscritti solo per macinare chilometri durante le campagne elettorali.
È tempo di guerra ed in guerra si va alla battaglia per vincere e non per partecipare. L’ “armiamoci e partite” non attecchisce più. Il soldato semplice deve avere l’ideale che lo smuove dentro e l’ideale non è fare catenaccio perché altrimenti la destra prende i pieni poteri. In tempo di guerra bisogna avere una strategia e dimostrare di essere la parte giusta, l’alternativa giusta, non dichiarandolo semplicemente, ma guadagnando la fiducia dei volontari e militanti sul campo.
In tempi di guerra bisogna entrare nella storia come coloro che hanno tentato di cambiare il mondo ma per cambiarlo davvero, non per salvaguardare lo status quo. Il PD deve essere come gli ultimi samurai, ovvero combattere come fosse l’ultima battaglia, essere pronti a perdere la vita per non perdere l’onore e non permettersi mai, per tutto il tempo della loro vita da samurai, di allontanarsi da coloro verso i quali sono spiritualmente debitori: gli elettori.
Invece abbiamo un partito che ha eletto un segretario che non rappresenta tutti i parlamentari perché eletti durante la precedente stagione del partito. Abbiamo dei parlamentari che fanno dichiarazioni, non in nome del partito, ma in nome di una corrente per dimostrare che la linea del partito non c’è o per lanciare un messaggio a chissà chi per dire che al parlamento pesano di più. Annullando e fagocitando così il lavoro dei loro colleghi che, l’attaccamento al partito e alla coesione dello stesso, ce l’hanno a cuore e lo dimostrano ogni giorno. Abbiamo un partito che non prende una posizione netta e decisa accanto alle nuove generazioni, lasciando le scuole chiuse dopo undici mesi senza mai aver fatto una battaglia seria per creare le condizioni di riapertura in sicurezza e parlano di “Next Generation” dimenticando di mettere al centro del loro agire politico questa Next Generation: il futuro.
Mentre dovremmo avere un partito che deve sbattersene del balletto delle poltroncine a suon di ricatti vergognosi come vergognosi sono coloro che li fanno e fare una vera battaglia per dimostrare quanto ha a cuore il futuro del paese. Chiudersi in conclave e uscirne solo dopo aver scritto un vero programma di sviluppo e di crescita con il Recovery Fund e parlarne in modo chiaro e semplice perché possa arrivare a tutti i cittadini. Andare al parlamento con formazione a testuggine, e non in ordine sparso, per difendere i valori del proprio partito e avere lo stesso atteggiamento al governo. E se, come piace raccontarlo, i media non prendono in considerazione le proposte del Partito perché sembra abbia più appeal parlare di poltroncine e di liti, allora comprare pagine e pagine di giornali e pubblicare senza fermarsi mai le nostre proposte, tappezzare i muri della città di manifesti con i punti chiari, incasellare ovunque volantini con il programma per l’Italia. La si deve smettere di parlare di programmi con dirette Facebook seguite solo dai parenti (e a volte manco quelli). Perché al termine dell’ennesima diretta, la domanda legittima che chiunque fa è: “So what?”. Il nostro agire politico non si fa su Facebook ma con proposte ragionate e fare battaglia attorno a queste.
Noi siamo di sinistra e la dobbiamo smettere di rincorrere la chimera di un centro che si fa sempre più affollato e sempre più lontano nel rappresentare le esigenze del periodo che viviamo e la profonda sofferenza dei cittadini. Occorre pensare ad un New Deal come lo pensò Roosevelt per risollevare gli Stati Uniti dopo la grande depressione economica a partire dal giovedì nero del 1929. Un nuovo patto con il paese per risollevarlo da questa gravissima crisi economica, sociale e politica. Dedicare tutte le energie sulla disuguaglianza che si fa sempre più ampia e pericolosa.
La linea politica deve essere basata sugli ideali da difendere come la dignità delle persone e la crescita. Per farlo bisogna investire, con una chiara strategia, sullo sviluppo economico e la coesione sociale che non deve più essere il terreno fertile sul quale cresce sempre di più il sovranismo, perché gli investimenti garantiscono un ritorno. Investimenti e non soldi a pioggia. Investimenti e non assistenzialismo perché questo appartiene a coloro che hanno la visione miope o a coloro che vedono solo il consenso elettorale. È populismo. Dichiarare la linea a tutti e trascinare i cittadini sulla strada verso questo obiettivo che deve essere chiaro come devono essere chiare le tappe e i mezzi per raggiungerlo. L’idea che si ha è che si stia brancolando nel buio.
Il segretario eletto deve dividersi tra il suo ruolo di Presidente di Regione e quello di segretario, e, per amore del partito democratico – e per evitare che la sua comunità si disintegri totalmente e che si riduca in una triste e falsa battaglia, tra “riformisti” vivi scissi e quelli rimasti sotto il delfino del senatore di Rignano, con la conta, a mezzo stampa, di chi ha più senatori – deve ripartire dal settanta per cento di voti e fiducia ricevuti al congresso e guidare il partito nella ricostruzione dell’Italia e per ricompattare il tessuto sociale del nostro paese. Perché queste dichiarazioni della conta dei senatori, questo modo di fare politica, non rappresentano i militanti che li trovano assai avvilenti ed irrispettosi per il grosso lavoro che, quotidianamente, essi svolgono sui territori. Semplicemente perché il settanta per cento degli elettori del PD, il congresso, lo hanno vinto. E a loro bisogna rendere conto.
Siamo ad un bivio, allo spartiacque. Oggi il PD deve decidere se scrivere le pagine della storia del nostro paese con gloria o in modo meno responsabile. Oggi il PD deve decidere se essere il partito che ha contribuito alla ricostruzione del nostro paese con responsabilità e aldilà delle correnti oppure quello che ha partecipato al gioco della sedia per non rimanere in piedi. Le correnti sono legittime perché ognuno di noi si può sentire più vicino ad un’idea piuttosto che un’altra all’interno di un partito plurale. Ma tutti noi dobbiamo avere chiaro in mente una sola cosa: siamo PD e in suo nome e per il suo nome dobbiamo pensare il nostro agire politico. Nelle istituzioni e fuori. Perché agli elettori, non chiederemo i voti per le correnti ma per un solo simbolo tricolore. Il PD.
“Per quanto pacifici siano i tempi, la morte è il supremo movente per i samurai. Se un samurai temesse la morte, o la scansasse, in quello stesso istante cesserebbe di essere un samurai.” (Yukio Mishima – Scrittore)