Ieri si celebrava la giornata internazionale dei diritti umani la cui istituzione formale è avvenuta a dicembre 1950, cioè due anni dopo la proclamazione da parte dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, quando è stata promulgata una risoluzione che invitava tutti gli stati membri e tutte le organizzazioni a celebrare la giornata nella maniera a loro più consona. E, solitamente, almeno nel mese di dicembre, si organizzano iniziative e si accendono i fari su casi di violazione, sui diritti calpestati, sui soprusi e le violenze. Solitamente, i fari li accendono i paesi occidentali – difensori della risoluzione vecchia settant’anni – dove questa risoluzione è pressoché inesistente.
Nei giorni scorsi, la Francia di Macron, quella della Révolution e della Déclaration des Droits de l’Homme et du Citoyen del 1789 – ha fatto parlare di sé. Non per avere promosso battaglie per combattere la violazione dei diritti umani o la violazione della libertà di espressione e di pensiero, nel suo territorio oppure altrove, ma ricevendo in pompa magna il Presidente dell’Egitto Al-Sisi. Un ricevimento trionfale, con onori e tappeti rossi. Il giornalista Yann Barthès ha mostrato delle immagini, prese dagli organi di stampa egiziani, che ritraevano il conferimento della Legion d’Onore – la più alta onorificenza francese – al Presidente egiziano. Questo fa capire come poco è credibile l’Europa sui diritti umani perché sembra l’istituzione del double standards o doppiopesismo.
Al-Sisi ricevuto con abbracci e salamelecchi mentre il mondo era in attesa che le autorità egiziane rilasciassero Patrick Zaky, detenuto da dieci mesi senza aver commesso alcun reato se non quello di aver militato in organizzazioni per la difesa dei diritti umani e per aver scritto sulla sua pagina facebook “koullouna Giulio Regeni” (siamo tutti Giulio Regeni). L’attesa, nonostante i continui appelli delle istituzioni e società civili internazionali, è stata l’ennesima delusione. Zaky resterà in prigione per altri quarantacinque giorni. L’incontro è avvenuto mentre il mondo resta in attesa che si faccia luce sulle torture e l’omicidio di Giulio Regeni dalle autorità egiziane e mentre in Italia vengono chiuse le indagini e quattro 007 egiziano rischiano il processo per sequestro di persona pluriaggravato, concorso in lesioni personali e omicidio.
Sarebbe molto grave ridurre l’importanza di questi casi di violazione dei diritti umani e omicidio ad una questione puramente italiana perché non lo è. E non vederlo sarebbe una gravissima miopia o emulazione dello struzzo.
L’incontro dei due presidenti non è avvenuto per promuovere accordi commerciali e diplomatici ma per lanciare un chiaro messaggio a Erdogan. Nel Bacino Mediterraneo, luogo dove l’Europa conferma la sua debolezza, le dinamiche si muovono attorno a posizionamenti, strategie belliche ed energetiche i cui attori sono fondamentalmente Al-Sisi (e di suoi alleati) e Erdogan (e i suoi alleati) e dove l’Europa, da parecchio, non tocca palla.
I rapporti tra Macron e Erdogan sono pessimi e la questione non gira attorno alla reazione della Francia all’uccisione del professore Samuel Paty, ma è direttamente legata alle questioni libiche (Macron sostiene Haftar, esattamente come gli Emirati Arabi che, con la Francia, hanno importanti accordi commerciali bellici), la questione energetica di Cipro, l’intervento in Siria e la sempre più forte radicalizzazione della Turchia sotto il dominio di Erdogan.
Sia Erdogan che Al-Sisi sanno che le regole sono facilmente infrangibili, che la questione dei diritti umani è solo una maschera perché l’Europa è debole, deve rendere conto all’estrema destra sovranista europea e per questo, paga Erdogan perché si tenga i rifugiati al confine del continente e permette che si dirottino i fondi destinati allo sviluppo per pagare la guardia costiera libica. Sanno che i contratti si continuano a stipulare in Egitto nonostante la mobilitazione per Giulio Regeni e Patrick Zaky ed in Turchia, nonostante la palese violazione della libertà di espressione e di opinione e nonostante le bombe sul Kurdistan.
Non si tratta, quindi, solamente di alzare la voce, di congelare accordi commerciali con l’Egitto o con la Turchia o a richiamare gli ambasciatori. Ma si tratta di chiarire che politica estera l’Europa vuol adottare, chiarire quanto sono davvero essenziali e non derubricabili i diritti umani e muoversi su questa linea.
E non si tratta nemmeno di essere per Erdogan o per Al-Sisi, perché non si difendono i diritti umani a giorni alterni o a seconda se siamo pro o contro la fratellanza musulmana, un giacimento di gas, il popolo curdo o un posizionamento strategico. Si tratta di essere fedeli alla proclamazione internazionale dei diritti umani e smetterla di celebrare la sua liturgia svuotata di significato.
Fintanto questo non avviene, Macron continuerà a conferire onorificenze ad un dittatore come Al-Sisi e altri paesi – Italia compresa – a stare un po’ con l’uno e un po’ con l’altro a seconda di come gira il business.
#JeSuisRegeni
#JeSuisZaky