A sentire e leggere le dichiarazioni ed interventi di coloro che hanno votato no ieri, si è capito che la “mediazione” era solo un pretesto. La mediazione non la volevano. Era tutto strumentale.
Per alcuni l’obiettivo era portare a casa un semplice NO a qualunque legge che tutelasse i diritti delle persone LGBT+. Semplicemente perché pensano che senza una legge che le tuteli, queste persone cessano di esistere nella società. Spariscono come per incanto.
Per altri l’obiettivo era misurarsi l’attributo. Far vedere quanto conti in parlamento. E fa nulla se a farlo era un sultanino senza regno e se lo ha fatto in diretta dal lontano New Renaissance, dove le persone LGBT+, le donne, i dissidenti, i liberi pensatori, vengono trucidati.
Poi ci sono i franchi tiratori da tutte le parti. Obiettori di coscienza, femministe con idee del secolo scorso, dispettosi, ecc. Quelli che votano “in coscienza”, anzi, in obiezione di coscienza contro i diritti ma militano in un partito che si dichiara “sempre dalla parte dei diritti”. Quelli che, ad esempio, hanno firmato un documento per chiedere di eliminare alcuni passaggi del testo come “identità di genere”.
Ma la sostanza è una. Una legge che tuteli le persone da violenze, crimini, aggressioni, bullismo e discriminazioni, non ce l’abbiamo. E del vostro tatticismo, delle vostre teorie e spiegazioni sul perché non è passata, ne facciamo tranquillamento a meno. Perché parlare di una mediazione mancata senza citare nemmeno un punto sul quale volevate mediare, è di pessimo gusto. In particolare, quando a parlare sono persone che, o nel loro privato o per ovvi motivi, questa legge le avrebbe tutelati e tutelato le persone come loro. Ma evidentemente è più importante assecondare l’ego del loro capo, obnubilati come sono dalla gratificazione attraverso il tocco della mano del santo.
Quindi sì. La legge Zan era divisiva. Non perché contenesse temi etici. Di etico non aveva nulla, ma è prevalsa la campagna dello spauracchio. “mamma arriva il gender”, oppure “questa legge è l’anticamera della GPA”. Basta riascoltare le dichiarazioni prima alla camera e poi al senato. Interventi senza senso, medievali e totalmente scollegati dalla realtà e dalla società attuale.
Su questo tema non ci poteva essere una convergenza per il semplice motivo che per alcuni (Pillon e i suoi derivati) le persone LGBT+ non devono esistere, per altri (Salvini, Meloni e i loro derivati) era una battaglia ideologica e di posizionamento e per altri ancora (Renzi e i suoi derivati) dimostrare di essere sempre quello che fa la differenza dall’alto dello zero virgola.
Se la convergenza non ci poteva stare, allora bene ha fatto Alessandro Zan ed Enrico Letta a non cedere al ricatto sulle mediazioni fasulle, dopo che il DDL è approdato al senato già con le mediazioni della camera.
Abbiamo le prove e sappiamo chi ha detto cosa, chi ha pensato cosa, chi ha calcolato con cinismo, chi ha parlato ignorando o giocando sull’ignoranza altrui sul transgederismo e sulle giornate di sensibilizzazioni a scuola parlando del rischio di confondere i ragazzi. Come se bastasse parlare di omotransfobia e di bullismo per confondere i bambini sulla loro identità o sul loro orientamento sessuale. Per fortuna, come giustamente ha ricordato Simona Malpezzi – Capogruppo del PD al Senato: “i ragazzi sono più avanti. Per loro, il DDL Zan è già vecchio e superato”
Per questo, questa legge non poteva essere diversa. Non c’era spazio per una mediazione perché sarebbe servita solo a togliere diritti e, di fatto, diventare discriminatoria. Una legge senza pensare alla sensibilizzazione sulla violenza sarebbe stata monca e priva di senso. Perché le leggi servono anche a fare cultura per le generazioni future.
La legge era questa. Ora è morta. Ma non è morta la volontà di centinaia di migliaia di esseri umani che attendono di essere riconosciuti e difesi.
La legge era questa. Ora è morta. Ma non è morta la volontà di milioni di persone che hanno a cuore la difesa dei diritti e la dignità delle persone.
La legge era questa. Ora è morta. Ma restano i fatti. Coloro che l’hanno affossata non potranno mai più essere considerati “cugini”. E non sto parlando della destra perché da loro non mi sorprende l’azione.
Parlo degli altri.
I traditori.
Io so poco. Ma una cosa la so bene perché provengo da un paese dove i diritti si conquistano dopo battaglie feroci che lasciano morti e ai sopravvissuti, cicatrici indelebili.
Non mi fermerò mica qui.
Da Kabul (o Riyad), è tutto.