Il testo della canzone, che ha fatto la storia della musica degli anni ottanta, parla di una storia d’amore tra una ragazza e un ragazzo di religione opposta nell’Irlanda del Nord martoriata dalla guerra civile tra cattolici e protestanti. La storia d’amore, osteggiata dalle famiglie dei due, sembra avere un finale tragico.
Le guerre civili, i grandi strappi interni, segnano irreversibilmente la vita delle persone. Solo chi ha vissuto queste tragedie può comprendere fino in fondo il dramma di una lotta intestina e fiutarne i sintomi.
L’Italia, l’Europa, il mondo stanno attraversando di nuovo un periodo tumultuoso. Le ragioni sono diverse, non ultima la crisi economica più grande dell’ultimo secolo. Una crisi che ci pone dinanzi ad un’enorme sfida che ci costringe a fare delle riflessioni profonde e, in qualche modo, prefigurare un progetto, una prospettiva, un obiettivo per contrastare la marcia sovranista verso l’Europa.
Abbiamo attraversato decenni e visto trasformarsi il paradigma politico-finanziario che, a sua volta, ha cambiato la nostra società fagocitando il sistema sociale, i diritti, la libertà, l’inclusione e la democrazia.
Tra i diversi effetti patologici della grande crisi, due sono da sottolineare. Il primo è l’ascesa del nazionalismo con chiare dimensione antieuropeiste e il rifiuto della rappresentanza ufficiale. Il secondo è la disuguaglianza sociale non solo nel terzo mondo, ma anche in Europa. La disuguaglianza produce brutalizzazione della società che, a cascata, distrugge la fiducia verso le istituzioni e verso la politica. Chi ce l’ha fatta viene osteggiato e tacciato di essere parte dell’establishment. Nella nebbia nauseabonda prodotta dai bugiardi, nel delirio ebbro delle falsità che stanno propinando alle persone, la competenza e l’ignoranza si confondono.
I partiti populisti di stampo fascista, sovranista, xenofobo si nutrono di miseria come le iene dei cadaveri. Qualunque partito populista, che sia esso fondato su base ideologica o religiosa. È lo stesso fenomeno che si riproduce ovunque. Dal nord Africa con i partiti integralisti, ai paesi di Visegrad con gli ultranazionalisti passando per l’Italia con la Lega e i suoi derivati.
Il sovranismo si distrugge con la fiducia, con l’unione. L’unione è un valore. Un valore indistruttibile. Valore che ci fa dimenticare il personalismo, il tifo per una fazione, una corrente con il leader che più ci rappresenta. L’unione è il valore che anima le battaglie più importanti. Quelle che portiamo avanti per salvare un ideale come la libertà, la democrazia, il futuro dei nostri figli. L’unione è un valore dimenticato, e, a volte, perfino sbeffeggiato. L’unione è la somma delle energie, delle idee, della diversità che diventa ricchezza. L’unione è mutualismo, convivenza, scambio di idee, arricchimento reciproco. L’unione è l’argine supremo del pericolo incombente.
Stiamo per affrontare il lungo periodo che ci porta al congresso del PD che avrà luogo il 3 Marzo. Un anno esatto dopo la débâcle delle elezioni politiche. Un anno esatto di immobilismo. Un anno in cui il PD si è parlato addosso. Continuità, discontinuità? Riformista o Conservatore? Futurista o nostalgico? Renzi fa il suo partito o rimane? Se rimane, supporta Minniti o resta tiepido? Se esce, prende il 10% oppure il 14%? Tutta questa fantapolitica potrebbe, in tempi normali, affascinare qualcuno forse, o forse no. Ma in tempi di radicali cambiamenti, chi alimenta certe polemiche, distrae l’opinione pubblica dalle elezioni Europee e perde di vista il fatto che dopo il congresso, resterà pochissimo tempo per la campagna elettorale. Nel mentre, l’omino felpato continua, imperterrito, a macinare i chilometri che lo separano da Bruxelles.
Il tempo degli schizzinosi è finito. È arrivato il momento di costruire un’alternativa seria e credibile a questo governo di pericolosi ciarlatani. È tempo di avere paura dei disastri economici e paura di regalare il nostro vecchio continente a chi lo distruggerà, paura dell’eliminazione totale dei nostri valori e del futuro dei nostri figli.
Il PD non può tornare a proporre un partito del passato ma non può nemmeno pensare di essere riformista senza le fondamenta e i valori del partito stesso, ovvero il socialismo. Il PD è l’espressione delle mille sfumature della sinistra e dobbiamo rivendicarla con orgoglio. Perché le mille sfumature del nostro partito sono l’esatta proiezione della società che vogliamo difendere: inclusiva.
Al congresso si presentano tre grandi candidati. Sono tutti e tre compagni di partito. Sono tutti e tre uomini di grande spessore e ognuno con la sua storia. Sono tutti e tre uniti nei valori e diversi nell’approccio e nelle sfumature.
Il nuovo segretario del PD sarà, per me, quello in grado di Unire, Allargare e Uscire.
Io, orgogliosamente riformista, voglio credere nel progetto di rigenerazione e ricostruzione di una sinistra alternativa che possa provare a fermare la Lega. Una sinistra che torni ad essere attraente per i cittadini che le hanno girato le spalle e per la fascia più fragile della società. Una sinistra credibile per i giovani. Una sinistra che voglia rifondare l’Europa rivendicandone i pilastri fondanti. Una sinistra che riconosca giusta la linea e l’obiettivo che i governi Renzi e Gentiloni avevano tracciato ma che affronti con onestà gli errori commessi e le cose non fatte, per poter proporre un progetto nuovo.
Io, orgogliosamente socialista, voglio, senza aver paura di essere incoerente, credere nel progetto di Nicola Zingaretti per la sua capacità di unire, tenere assieme tutti i pezzi di una sinistra che rischia di sfilacciarsi e che invece dovrebbe serrare le fila e prepararsi alla battaglia per la libertà e la democrazia.
Io, orgogliosamente di sinistra, voglio ricordare che le barricate sono da erigere al difuori del PD.
“E abbiamo fatto l’amore in terra desolata e attraverso le barricate. Mio padre ha fatto la mia storia, ha combattuto per ciò in cui credeva, pensando che ci avrebbe liberati in qualche modo”. (Spandau Ballet)